Martina dell’Osbel si racconta

IO E LE PIETRE CHE INCONTRO

Sentirle, accoglierle, accarezzarle. Quando faccio questo con le pietre, mi accorgo che posso davvero entrare in connessione con loro e con tutto ciò che mi circonda. Il percorso poi per arrivare all’equilibrio è qualcosa di magico, irripetibile e singolare. Cambia il luogo e cambiano le energie, i profumi, le sensazioni.

Quando arrivo in un posto dapprima mi lascio accompagnare dalla visione dell’ambiente: osservo gli alberi, l’acqua, le pietre. Nella loro diversità mi accolgono ed entrano in contatto con parti profonde di me. Il rapporto con le pietre è qualcosa di surreale delle volte. Sono vive, hanno una loro energia, una loro storia. Basti pensare a quante cose vede una pietra: magari partita in alta montagna, e reduce, quando arriva tra le mie mani, da un percorso travagliato. Piccole cascate, scontri con altre pietre, incastri con altri materiali; un viaggio di esperienze e di contatti.

Ecco che quando le prendo in mano, sento che c’è altro oltre al contatto e a quello che vedo. C’è altro perché ogni cosa è ricca di significati intrinsechi. Accoglierle, sentirle, rispettale e poi, a volte, pulirle nell’acqua prima di metterle in equilibrio: un passaggio che permette una pulizia; una sorta di lavoro di purificazione che aumenta la connessione tra me e loro. 

Dopo questo passaggio, il momento più meditativo: la ricerca dell’equilibrio. Una fase che non dev’essere disturbata dalla ragione, poiché è semplicemente necessario farsi guidare da loro. Sento davvero di diventare un mezzo, un tramite. Giocando con loro e lasciando uscire la mia parte bambina ecco che arriva, a volte inaspettatamente, l’equilibrio. 

Devo poi ammettere che le pietre mi mettono sempre davanti al concetto di “impermanenza”: un aspetto che sottolinea come ogni cosa sia transitoria. Mi concentro, impiego ogni parte di me per giungere ad un ascolto profondo ed infine arriva l’equilibrio delle pietre che ho tenuto tra le mani. Un percorso, questo, che contiene molteplici significati e possibili riflessioni. La bellezza di raggiungere l’equilibrio è qualcosa di inebriante, che ogni volta mi mette davanti all’inevitabile impermanenza di ogni fenomeno.


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